luglio 1986 – Il traghetto da Napoli

Mi ricordo che era l’anno della mia cresima. Avrò avuto 10 o 11 anni.

Il mese di luglio, la nostra famiglia faceva sempre 3 settimane di vacanza per poi godere della quiete che ci riservava la città ad agosto.

Io con mio fratello più grande, mamma e papà, eravamo arrivati a Napoli nel tardo pomeriggio.

Mi ricordo che attraversare la città per dirigerci all’imbarco aveva messo a dura prova i nervi della mamma che in preda all’ansia e alla paura continuava a rimproverare mio padre che passava con il rosso o prendeva le strade contromano.

“Qui si fa così” le disse papà con determinazione, per poi aggiungere “se guidassi diversamente, non avremmo pace.”
Seguiva il flusso del traffico con molta naturalezza.

Del passaggio in nave non mi ricordo molto, la notte all’epoca, avevo la capacità di resettare tutto.

La mattina dopo ad accogliermi sul ponte una luce forte. Eravamo nel mezzo di un mare denso e di un blu intenso. Lo stupore alla vista di Stromboli e della sua terra arsa e scura che lentamente si faceva più vicina.

Il mio cuore palpitava per quella vacanza così diversa dal solito. Ci stavamo dirigendo a Salina un’altra delle Isole dell’arcipelago eoliano.

Al nostro arrivo, durante la manovra di attracco, guardavo dal ponte l’isola su cui avremmo trascorso le successive due settimane.

Ad accoglierci una Chiesa del colore del sole e il vicino bar con tavoli, sedie e ombrelloni di una famosa marca di gelati. Alle spalle il paese intonacato di bianco e sullo sfondo la montagna che sembrava avere sete.

Tutto su quell’isola sapeva di estate. Il calore sulla pelle, l’aria asciutta e pulita, la luce intensa riflessa sulle pareti bianche del paese.

La gente sulla banchina, indossava lo sguardo dell’attesa. Chi attendeva di partire, chi l’arrivo dal Continente (mamma, mi aveva spiegato che gli isolani chiamavano in questo modo il resto dell’Italia).

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