Ho in programma di recarmi a Santa Marina Salina, il luogo a cui ieri sono approdata. E’ mia intenzione fare un giro per il paese e visitare la spiaggia del Barone così da rivedere dopo 35 anni il luogo in cui ho soggiornato da bambina.
Esco, scendo le scale e mi dirigo a destra verso la fine della strada dove so che troverò il capolinea del pulmino. Mi ritrovo incantata ad osservare piante di ulivo o di frutta in piena fioritura.
Più avanti sulla strada il mio sguardo viene catturato da grandi macchie gialle in netto contrasto con il verde brillante del fogliame. Sono limoni. Di così grandi non ne ho mai visti al supermercato.
Che gran desiderio di rubarne uno e assaggiarne la buccia a morsi. Così per darmi un pizzicotto e dimostrare che tutto quello che vedo, è reale. Che vergogna al solo pensiero di essere beccata a rubare.
L’isola, alla metà di maggio è un tripudio di colori: fiori, frutti, cactus, vigneti: mi sento, al centro di una scena dipinta da Monet. La natura riempie tutti gli spazi donando a chi la osserva uno sguardo sull’infinito.
Nel mio avanzare, incontro, un gattone rosso, che placido, dorme acciambellato sopra un cesto rovesciato; Uno di quelli usati per la raccolta dell’uva o delle olive. Sente la mia presenza, solleva una palpebra, per assicurarsi che non mi venga in mente di invadere il suo spazio o disturbare il suo riposo.
Procedo dritta finché la strada termina in uno spiazzo circolare confinante con il mare.
Sulla sinistra una via sale sul versante del monte in cui sparse qua e là a mitigare il verde si trovano macchie di bianco. L’architettura eoliana, è unica in tutto il mondo per le sue terrazze chiamate Bagghiu con i colonnati dette Pulèra e i tetti piatti o Astricu.
Mi sento connessa a questa natura e nel mio essere sola entro in uno stato di beatitudine.
Osservo questo luogo oltre il quale non si può andare. Guardo con attenzione il perimetro circolare che delimita la strada. Alcune panchine sono rivolte verso il mare.
Sedute su quella più in fondo, riconosco Stefania in compagnia di un’altra donna.
Mi avvicino, per chiedere dove esattamente fa capolinea il pulmino;
Ci salutiamo e Stefania mi presenta la sua amica Beatrice. una donna un po’ in là con gli anni dal sorriso aperto e la serenità nei gesti. Nasce in me il desiderio di catturare e fare mia un po’ della sua sicurezza.
Il tempo di presentarmi e vengo invitata ad andare con loro in escursione a Monte Fossa delle Felci.
Accetto con entusiasmo anche se nella mia testa, si fa strada un pensiero inquieto.
Mi domando se non stiamo facendo un grosso errore a salire senza una guida esperta. Nelle ricerche che ho svolto prima di partire, infatti, mi è capitato spesso di trovare, notizie di escursionisti incauti soccorsi perché impreparati alla difficoltà dei luoghi.
Mi rispondo che non ho motivo di preoccuparmi perché con Stefania e Beatrice non sarei stata sola.
A Michele, la guida contattata, avrei chiesto di percorrere altri sentieri. A Salina, ce ne sono molti e da quello che ho letto sono tutti bellissimi.
Torno in fretta a casa per cambiarmi. Ho ancora del tempo prima della partenza del pulmino.
Abbandono la camicetta e le sneakers per indossare le mie inseparabili scarpe da escursione. Metto, nello zaino da trekking , dell’acqua, il panino avanzato dal viaggio e il sacchetto con il necessario per le piccole emergenze.
Saliamo sul pulmino destinazione Val di chiesa. Mi sento leggera e pervasa da un rinnovato entusiasmo.
Il sentiero, così mi dicono le mie nuove compagne di viaggio, inizia a sinistra del Santuario della Madonna del Terzito, patrona delle Isole Eolie. Una processione si svolge ogni anno il 23 luglio in suo onore. Per raggiungerlo, con il pulmino ci fermiamo a Santa Marina, Barone, Capo faro, San Lorenzo, Malfa.
A Santa Marina, io e Beatrice assistiamo ad una scena insolita.
Sale un uomo che scoprirò poi chiamarsi Tonino. Ha l’aria di essere un pescatore. Barba bianca, cappello di cotone dal bordo arrotolato calato sulla testa.
Trova posto davanti a me rivolgendosi a Stefania, chiede se Titti (la pincherina di circa tre chili) morde.
Stefania, pensa ad uno scherzo e risponde che il cane è estremamente aggressivo e mangia tutte le persone che osano infastidirla.
L’idea che possa mangiare un essere umano, fa già ridere da sola, che possa mangiarsi Tonino, rende la scena a cui io e Beatrice stiamo assistendo, ancora più surreale.
Inevitabilmente ci scambiamo uno sguardo carico di interrogativi che difficilmente troveranno risposta.
Tonino però, si rivela essere un gran burlone. Mi era riuscito di credergli. La simpatia che provo per lui fa nascere in me la curiosità di conoscere la storia che l’ha portato qui a Salina
Il Pulmino riparte e noi con lui.
La strada dopo avere costeggiato il mare, sale, fin dentro la montagna, che mostra la sua bellezza con orgoglio. Una vegetazione fitta e verdeggiante, riempie la vista, donando sollievo e lenendo ancora una volta con un indefinito potere curativo, le ferite che ho nell’animo.
A Gramignazzi, sale un uomo che va a sedersi dietro a Beatrice.
Ripartiamo e mentre i miei occhi si nutrono della curiosità del nuovo, spiego alle mie compagne di escursione il motivo della mia presenza sull’isola.
Mi accorgo che l’ultimo arrivato, segue con interesse la nostra conversazione. Arrivati a San Lorenzo si appresta a scendere. Prima però si presenta e mi lascia il suo contatto accompagnato da un volantino pubblicitario.
Riconosco la copertina di un libro per bambini che aveva attirato la mia attenzione nelle ricerche svolte prima di partire. Considerando l’amore che nutro per l’editoria per l’infanzia e il mio passato da cantastorie nasce la volontà di incontrarlo e saperne di più.
Alessandro ha dedicato una favola per bambini ad una pianta di cappero centenaria che ha battezzato con il nome di Geronimo.
Arrivati alla fermata Val di chiesa, del mare non c’è traccia. Siamo al centro dell’Isola. Da una parte Monte fossa delle Felci dall’altra Monte dei Porri al centro la vallata con la strada che abbiamo appena percorso.
Nel verde lussureggiante dei vigneti, la famosa malvasia delle Lipari, ricchezza e vanto dell’isola e di Val di chiesa, si staglia imponente con le sue mura dipinte nel colore del sole il Santuario della Madonna del Terzito.
Non siamo i soli a voler salire a Monte.
Dal pulmino è scesa una coppia che si avvia subito verso il sentiero e una donna che sta parlando ora con Stefania, in tedesco. Si chiama Ilse e si unisce a noi nella breve visita al santuario.
Giusto il tempo di una foto ricordo e la nostra compagnia improvvisata, si mette in cammino.
L’ultima in ordine di tempo ad unirsi per la nostra escursione si dice sicura della strada da percorrere perché, ci racconterà poi, torna a Salina almeno una settimana ed ogni anno da quando è andata in pensione sale su in cima. Ci racconta che ama l’isola e i suoi sentieri.
Ci fidiamo delle sue indicazioni e ci mettiamo in cammino. Avanziamo lentamente perché Beatrice è in affanno.
Poco importa, nessuno ci mette fretta e l’andatura lenta ci dà l’occasione di godere del panorama meraviglioso e della moltitudine variegata di fiori e piante. L’aria profuma e satura i sensi.
Beatrice mi sorprende per la sua conoscenza della botanica. Dà un nome alla maggior parte delle specie vegetali che incontriamo. Non è allenata ma con tenacia supera la fatica di una salita molto ripida dopo la quale incontriamo una strada sterrata e Ilse propone a Beatrice di prendere quest’ultima. Un percorso indubbiamente più lungo ma sicuramente meno impegnativo. Lei rifiuta con determinazione, nonostante la fatica sempre maggiore.
Il tempo sta decisamente peggiorando. Grandi formazioni nuvolose di un grigio sempre più cupo si annidano sopra le nostre teste mentre avanziamo lentamente nel bosco.
Stiamo camminando da due ore quando comprendiamo perché il monte si chiama Fossa delle Felci.
Il sentiero, fino a quel momento immerso nel bosco, si apre su un’ ampia area ricoperta da lunghe foglie leggere sembrano piume verdi alte poco meno di mezzo metro. Mi ritrovo così a camminare dentro ad un fitto tappeto vegetale che accarezzo con un gesto carico di rispetto verso madre natura.
Beatrice, è molto provata. Siamo quasi arrivate, me lo sento. Per distrarla dalla fatica, le racconto della mia vita. Osservare la mia compagna di escursione in difficoltà, mi ha ricordato un episodio avvenuto due anni fà. Quel giorno, durante un’escursione, la persona in difficoltà ero io.
Ascolto con attenzione quando mi racconta qualcosa di lei. Mi rendo conto che entrambe stiamo percorrendo una strada sconosciuta. Un destino comune, una semplice coincidenza, ci ha portato qui e ora in questa escursione. Beatrice, come me, è preda della fatica di vivere. Mi racconta che sta cercando di superare le difficoltà che ha incontrato fino ad ora così da poter iniziare a godere della bellezza che la vita ha ancora da offrirle. Si sta mettendo alla prova, non ho dubbi che ce la farà.
finalmente in cima al Monte Fossa delle Felci, provo un senso di liberazione. Non ho più la necessità di mantenere il controllo sull’avanzare incerto mio e di Beatrice. Vago così per la sommità del Monte con una punta di delusione nel cuore per le condizioni atmosferiche proibitive.
Ho visto foto di questo luogo che mostrano un panorama spettacolare:Il mare e le altre isole che compongono L’arcipelago e in lontananza l’Etna.
La giornata grigia, oggi mostra un’isola immersa nella nebbia dovuta ai cumuli di nubi basse e cariche di pioggia che ha iniziato a scendere, sottile e silenziosa. Tutta la bellezza del panorama, è così preclusa alla nostra vista.
Eppure mi sento bene e le condizioni avverse non sottraggono energia vitale al mio entusiasmo.
Mangio velocemente il panino che ho portato da casa mentre il fogliame fitto dell’alto fusto mi ripara quasi del tutto dalla pioggia che sta aumentando la sua intensità.
Seduta su una grossa radice, Titti si avvicina a me e reclama tutta scodinzolante un po’ del mio pranzo. Della compagnia è la più giovane, 4 anni è di una dolcezza infinita. Stefania la sua padrona mi ha racconta che pratica Yoga ed escursionismo.
Ilse invece proviene da Monaco di Baviera. Una pediatra in pensione abituata alle escursioni in solitaria. Si è dimostrata molto allenata nonostante l’età non più giovane. Un modello da cui trarre ispirazione. Una donna minuta, all’apparenza delicata e fragile che mostra un carattere solare ed accogliente. Non si lascia vincere dalle paure e non rinuncia a vivere pienamente i suoi 70 anni.
In Beatrice, sua coetanea, leggo lo stesso desiderio di vivere pienamente ogni giorno.
Dopo Titti, sono la più giovane della compagnia.
Sento in questa comunione, fatta di diversità che si incontrano, una grande energia vitale.