
È una mattina particolarmente tranquilla e laboriosa. Abbiamo fatto colazione tutti insieme: Luca appena rientrato dalla palestra e Pietro che si è appena svegliato.
Ora, con Nino che porziona le frattaglie per metterle in congelatore, li vedo sul mobile i tre barattoli vuoti appoggiati lì ieri, come un post-it a ricordo della necessità di essere riempiti. Melissa nel primo, Verbena odorosa nel secondo e fiori di Camomilla nel terzo. Prendo dalla dispensa i sacchetti grandi, ritorno in cucina e li poso sul tavolo.
Con Melissa e Verbena non succede nulla. Ma quando apro la zip della camomilla, alla vista dei fiori cambio luogo ed epoca.
Ora mi trovo nella vecchia cucina di mia nonna. Il tavolo al centro, lei seduta, alla poca luce lasciata accesa sulla cappa. La sua testa grigia è, come sempre, in ordine grazie al suo chignon, tenuto fermo sulla nuca dalle mollette di metallo marrone. Ha sparso sopra un quadrato di Scottex posato sul tavolo i fiori di camomilla e, uno ad uno, ora li sta scegliendo, separando. Lo stelo sottile e stretto viene scartato con metodo; la polvere dei fiori secchi resta depositata sul foglio bianco.
Solo i fiori più belli verranno infusi.
Torno al momento presente. Chiudo il tappo e ripongo il barattolo sulla mensola. Quanta calma risiede in quel ricordo. Forse è da lì, o non solo, che proviene il mio amore per la semplicità.
Piango ricordando me che osservo mia nonna. Legittimo così, il mio diritto del semplice esistere.